Il canale di Panamà, preparativi

Viaggiando verso Ovest
Giuseppe Tuttobene
Tue 16 Mar 2010 18:47
8:56.16N 79:34.18W
Siamo dall'altro lato, in Pacifico.
Il 12 pomeriggio il pilota dell' ACP (Autoridad de el Canale de Panamà) è
salito a bordo di Chloe tranquillizzandoci per l'ansia vissuta.
Nei due giorni precedenti infatti ci eravamo scontrati contro la difficile
burocrazia panamegna e abbiamo creduto che il passaggio del canale, prenotato
con largo anticipo per il 12 marzo, sarebbe saltato.
Enormi dubbi erano anche sorti sulla regolarità del nostro agente per il
transito del Canale: Tito.
Ma forse è meglio che racconti le cose dall'inizio.
Arrivati a Colòn oltre un mese fà, ricorderete l'ingresso a vela per
l'avaria al motorino di avviamento, scendo a terra munito dei passaporti di
tutto l'equipaggio, dei documenti della barca, del vhf portatile e della mia
inseparabile paglietta per espletare le formalità di ingresso nel paese.
Premetto che a Bonaire le stesse pratiche mi hanno rubato soltanto un quarto
d'ora.
Come prima cosa mi reco alla Immigration, che si trova all'interno del
porto, per far timbrare i passaporti. Lì mi dicono che prima devo andare
all' Autoridad Maritima che si trova fuori del porto.
Mi incammino, ma vengo fermato alla sbarra dell'uscita del porto dal
militare di turno. Questi mi chiede il passaporto e notando che mancava il
timbro di ingresso mi dice che devo andare prima all'Immigration per farmelo
mettere; gli spiego che venivo proprio da lì e che mi avevano detto di andare
prima all'Autoridad Maritima. Lui non ci crede, quindi mi accompagna all'ufficio
di polizia portuale dove gli spiegano che avevo ragione. Torniamo alla sbarra.
Ecco che lo stesso mi domanda come ero sbarcato da Chloe. Gli rispondo che avevo
usato il mio dinghy. Al che mi chiede di mostrargli il permesso per attraccare
il dinghy al molo.
Dopo una lunga discussione lo convinco e mi lascia passare.
All' Autoridad Maritima comincio a tirar fuori tutti gli incartamenti e la
signora di turno, dopo avermi ignorato per un buon quarto d'ora, mi dice che le
servono 7 fotocopie di ogni documento e che in tutto il palazzo dell' Autoridad
non c'era una "fotocopiadora". Dovevo andare in città a farle. Ma dove? Fuori
tutte le guide sconsigliavano di avventurarsi per non incorrere in
spiacevolissimi inconvenienti. Cominciavo a spazientirmi.
Ma ecco l'apparizione: come dal nulla nell'ufficio si materializza un
ometto sulla quarantina che si presenta porgendomi il suo biglietto da visita
scritto a penna su un fogliettino di carta: Tito, agente a Colòn.
Mi è sembrato subito un imbroglione, ma poi ho ceduto di fronte alle
difficoltà. Lui si sarebbe interessato dell'ingresso nel paese, delle formalità
per il passaggio del canale e mi avrebbe fornito anche le cime e i parabordi che
mi mancavano, nonché il quarto uomo a bordo, oltre al timoniere, che era
richiesto per il transito delle chiuse.
Si mette subito all'opera e lo seguo nel complicato giro da un ufficio ad
un altro. Strada facendo il gruppo si è arricchito con una coppia di velisti
francesi che pure loro, poverini, dovevano districarsi in questa selva
burocratica. Ci ritroviamo tutti nello stesso taxi, dove la signora francese
teneva in braccio la figlioletta del tassinaro, e continuiamo il giro. Poi
il taxi si ferma inaspettatamente per un guasto in una zona remota di
Colòn e assistiamo increduli ai vani tentativi dell'autista di riparare il danno
con un pezzo di fil di ferro. Tito ferma un'altra macchina ed eccoci calcati
dentro a questo "nuovo" mezzo di trasporto in otto senza contare il cane del
conduttore.
La voglio fare breve, l'indomani a mezzogiorno passato avevamo finito
tutto, compreso il versamento di 1500 $ a favore dell' ACP per il pagamento del
pedaggio. Il passaggio era prenotato per il 12 marzo.
In tutto questo però avevo ammirato Tito che era conosciuto e salutato
calorosamente da una quantità incredibile di persone. Nei nostri giri mi aveva
detto che aveva 58 figli, 4 suoi e il resto era come se lo fossero, lui
partecipava congruamente al mantenimento dei piccoli presso un orfanatrofio.
Commosso gli faccio un regalo per i bambini.
Rientrati quindi a Colòn dopo la vacanza alle San Blas, riprendo i contatti
con l'ACP, telefonando secondo gli accordi due giorni prima della data fissata,
per confermare il passaggio.
Il solito impiegato di turno mi dice che Chloe non risulta nell'elenco
delle barche che devono passare e mi invita a ritelefonare l'indomani per
parlare con un suo collega senz'altro più informato. Anche questo mi
conferma che il passaggio di Chloe era stato cancellato per motivi oscuri e che
avrei dovuto chiamare un altro ufficio. E poi ad un altro ufficio ed ad un altro
ancora. La risposta era sempre la stessa: per essere immessi in turno avrei
dovuto versare 450 $ di penalità per una omissione della cui essenza a
tutt'oggi non ho nulla di chiaro.
Da qui i vari dubbi e le varie ipotesi sul lavoro svolto da Tito. Siamo
perfino arrivati a pensare che tutti i documenti forniti dal nostro "agente"
fossero falsi.
Mi armo di paglietta e insieme con Giovanni e Luciano incontriamo
Tito nella sede portuale della sua agenzia.
Giovanni ha ribadito più volte che la visita a "la oficina de Tito" valeva
tutto il viaggio: una porta di ferro semiarruginita era l'ingresso ad un
deposito ferraglia accumulata lungo le pareti, quindi un corridoio limitato alla
sinistra dal mare e alla destra da varie stanze sempre traboccanti di motori
fuoribordo smontati, bidoni, lerciume. Nell'ultima stanza c'erano tre tavolini
rotondi in plastica con sopra resti di pasti consumati. Ad uno di questi
sedevano due persone vestiti da lavoro pesante.Tito libera un tavolino dalle
lattine che erano rimaste su e mi fa accomodare. Gli spego l'accaduto e lui si
limita a fare una telefonata non più lunga di venti secondi alla fine della
quale mi riferisce che tutto era sistemato. Non potevamo crederci in pochi
istanti tutto appianato! E se fosse stata una finta telefonata?
Questa è stata l'ansia che ci ha accompagnato fino a quando alle 16,30 del
12 marzo, puntualissimo, il pilota dell'ACP non è salito a bordo di Chloe.
Giuseppe
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